Kill In Prison, è il primo singolo estratto di “Tecomates”, album di inediti della BantuStan Corporation, fuori a breveIl progetto è frutto dell’inossidabile intreccio di idee partorito da Alessandro Falcone e Gianluca”dubrakadubra”Ferrara, con quest’ultimo bravo a concretare tali idee, curandole finemente e mixando al meglio il prodotto. La canzone è stata scelta fra le altre perché capace di sintetizzare il percorso ideale che intraprende l’album, sia dal punto di vista musicale che dal punto di vista tematico. Del primo aspetto, la canzone è rappresentativa di quanto si vuole proporre a livello di commistioni musicali, con arrangiamenti inusuali e che spaziano fra i generi a 360°, integrando magistralmente la radice roots, ovviamente irrinunciabile; ancora una volta, poi, diverse voci si alternano sui beat della Corporation, nel caso presente il microfono è spettato al cantante brindisino Davide Di Lecce (già nei Mama Roots e in Rasta Community vol. II), che si cimenta sui versanti del dub dell’elettronica in un pezzo arricchito da archi e cori femminili, con la straordinaria partecipazione di Livia Ferri e Federica Fruscella direttamente dalla Saint Louis College of Music di Roma. Infine, va detto che, ad occuparsi del mastering è stato Enzo Rizzo per la SoulfingersMastering di Napoli.
Del secondo aspetto, quello dei contenuti, la canzone è emblematica, dato che ha il merito di richiamare significativi temi sociali, un aspetto importantissimo per la Bantu: il tema trattato è attualissimo, si parla di abuso di potere, il tutto è contestualizzato nell’ambiente delle carceri e prende spunto dalla vicenda di Stefano Cucchi, il 31enne italiano morto nel carcere di Regina Coeli, a Roma il 22 ottobre 2009, nonostante la particolarità dello spunto, il messaggio espande il suo significato in assoluto e la sua profondità è fortificata dalla realizzazione del video. Una storia surreale in un quadro atemporale è proposta come esempio di un sopruso perpetrato nei confronti di prigionieri condannati a morte e rinchiusi da un’entità misteriosa. L’intento è quello di rappresentare nel video solo parte di ciò che è raccontato nella canzone, infatti, la chiusura del video, al contrario di quanto afferma il testo originale, si focalizza su un messaggio di speranza, di rinascita.La realizzazione del video è prettamente autofinanziata, dato che Alessandro Falcone ha prodotto, scritto e sceneggiato il video, comunque frutto del lavoro della Bantustan Corporation Team-Tv, nuova protesi che si occupa dell’immagine della Corporation stessa e anche di altre diverse proposte interessanti per conto della Bizzarri Records (Ras Tewelde e Maga Dog) realizzando tre video. Il video di Kill in Prison è stato girato in più location della regione Lazio, in particolare, di grande suggestione la struttura abbandonata di una vecchia cava per le scene esterne e il castello papale “Castello Colonna” nei pressi di Frosinone, congeniale contesto in cui far risaltare il senso di oppressione e sopruso ricordando i trascorsi nefandi che coinvolgono anche le istituzioni ecclesiastiche.
Del secondo aspetto, quello dei contenuti, la canzone è emblematica, dato che ha il merito di richiamare significativi temi sociali, un aspetto importantissimo per la Bantu: il tema trattato è attualissimo, si parla di abuso di potere, il tutto è contestualizzato nell’ambiente delle carceri e prende spunto dalla vicenda di Stefano Cucchi, il 31enne italiano morto nel carcere di Regina Coeli, a Roma il 22 ottobre 2009, nonostante la particolarità dello spunto, il messaggio espande il suo significato in assoluto e la sua profondità è fortificata dalla realizzazione del video. Una storia surreale in un quadro atemporale è proposta come esempio di un sopruso perpetrato nei confronti di prigionieri condannati a morte e rinchiusi da un’entità misteriosa. L’intento è quello di rappresentare nel video solo parte di ciò che è raccontato nella canzone, infatti, la chiusura del video, al contrario di quanto afferma il testo originale, si focalizza su un messaggio di speranza, di rinascita.La realizzazione del video è prettamente autofinanziata, dato che Alessandro Falcone ha prodotto, scritto e sceneggiato il video, comunque frutto del lavoro della Bantustan Corporation Team-Tv, nuova protesi che si occupa dell’immagine della Corporation stessa e anche di altre diverse proposte interessanti per conto della Bizzarri Records (Ras Tewelde e Maga Dog) realizzando tre video. Il video di Kill in Prison è stato girato in più location della regione Lazio, in particolare, di grande suggestione la struttura abbandonata di una vecchia cava per le scene esterne e il castello papale “Castello Colonna” nei pressi di Frosinone, congeniale contesto in cui far risaltare il senso di oppressione e sopruso ricordando i trascorsi nefandi che coinvolgono anche le istituzioni ecclesiastiche.
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